Nelle condizioni di particolare difficoltà e di emergenza l’essere umano è in grado di ingegnarsi per trovare vie di salvezza. Parliamo ancora della galoppante diffusione dell’epidemia di COVID che con le sue caratteristiche di “invisibilità” rende la vita difficile sia ai ricercatori che ai comuni cittadini. Considerando le diverse possibilità di manifestazione del virus, un gruppo di ricercatori dell’Università di Cambridge ha creduto interessante sviluppare uno strumento in grado di riconoscere la presenza del COVID attraverso il riconoscimento sonoro del tipo di tosse prodotta dal paziente. La ricerca si avvalerebbe dell’uso di una semplice applicazione per smartphone in grado di raccogliere e registrare la traccia sonora della tosse e, tramite algoritmi di machine learning, provare a riconoscere ed identificare il contagio e la malattia.
I sintomi più comuni sono notoriamente febbre, tosse secca e diffusa spossatezza, unite spesso a perdita del gusto e olfatto, a congiutivite. Ma quando si è in presenza di sola tosse come potrebbe essere possibile capire se si è in presenza di infezione da coronavirus? E’ propria sul fenomeno della tosse, frequente, stizzosa, tenace che si basa lo sviluppo dell’algoritmo.
L’applicazione colleziona sia dati strutturati sulla condizione di salute dell’utente attraverso un questionario guidato, sia dati non strutturati, cioè un flusso sonoro registrato sui colpi di tosse e su una fase di lettura ad alta voce di un testo proposto. La raccolta del dato, in forma anonima, ha avuto luogo in un primo periodo di sperimentazione durante la scorsa primavera. I due gruppi di persone coinvolte erano l’uno costituito da pazienti positivi al virus e l’altro da pazienti senza sintomi. Per entrambi i gruppi sono stati analizzati i suoni della tosse e della respirazione, utilizzando informazioni basate sulla frequenza del segnale sonoro confrontate con altri milioni di tracce differenti.
Sembra che lo studio abbia portati a risultati particolarmente positivi in quanto il riconoscimento di infezione da COVID-19 ha avuto luogo con una precisione di poco meno dell’80%. Questo primo risultato è stato incoraggiante per i ricercatori che hanno comunque riconosciuto la necessità di addestrare maggiormente il motore di riconoscimento di screening per ottenere un modello più sensibile e accurato di quanto raggiunto nella prima fase.
Non è possibile immaginare che un’applicazione di questo genere possa sostituire i più affidabili strumenti di analisi ad oggi in uso per una diagnosi di COVID, ma va riconosciuta la trovata innovativa della soluzione ottenuta che potrebbe comunque coadiuvare tutti gli altri mezzi a disposizione. E se si desidera collaborare con l’Università di Cambridge è possibile donare una propria registrazione di voce, respiro e tosse, sia in condizione di buona salute sia in condizione di malato.